Presentazione
Lost Tales: Horror

La narrativa dell’orrore ha permesso, fin dalla sua origine, una funzione unica e insostituibile nei suoi fruitori: la catarsi. Il termine ha origini greche e significa “purificazione”. Tralasciando le accezioni più complesse, nelle quali evitiamo di impegolarci, ci basti dire che il termine era anticamente collegato alla Tragedia teatrale. Veniva infatti chiamata catarsi tragica e, tramite essa, lo spettatore che si immedesimava (mimesi) nei protagonisti sventurati delle storie recitate, provava un forte dolore che lo lasciava piacevolmente svuotato al termine dello spettacolo. Bene, questo ruolo, nel mondo del pulp, è rivestito dal genere horror. Chi legge un racconto horror, come chi guarda un film, desidera provare paura, la ricerca, se ne compiace. Ma uno dei fini che sta dietro questa pulsione è quello di avvertire che, dopo un breve periodo gestativo a fine lettura, la paura se ne vada, lasciando un senso di piacevole leggerezza.
In questa prima uscita ci siamo soffermati su una figura che io amo particolarmente: lo zombie. Intanto è importante dire che a metà del Novecento si è creato un forte spartiacque tra due distinte tipologie di zombie (nato da riti vudù/nato da virus o cause ignote) e la prima, più antica, versione è andata piano piano sparendo dall’attenzione mediatica (e noi siamo qui apposta per ripescarla!). Qualunque sia la sua origine, rimane che lo zombie non ha nome, non ha alcuna capacità particolare e, anzi, è spesso individualmente molto più limitato degli umani a cui dà la caccia.
Ma ha due caratteristiche che lo rendono perfetto per la catarsi di cui parlavamo poco fa. La prima è che non è mai solo. Gli zombie sono moltitudine, sono legione. E ogni vivente che muore diventa parte dell’orda vacillante. La seconda caratteristica è forse la peggiore: è inarrestabile. Non si stanca, non mangia, non dorme. Non esiste scampo a un’apocalisse zombie. È solo questione di tempo e diventerai uno di loro. E, alla fine del racconto, o del film (in finali che sono sempre aperti e mai positivi), ti ritrovi a guardare il nostro mondo, anche nei suoi infiniti grigi, con molto sollievo.
Vittorio Cirino
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