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2 – Grimdark e letteratura fantasy

Dalla sua stessa dichiarazione, si evince chiaramente che Rick Priestley non ambiva a fornire Warhammer 40.000 di una narrativa complessa e, forse, alla fine degli anni Ottanta neanche immaginava cosa nei decenni successivi sarebbe divenuto – in termini di ampliamento dell’ambientazione e di transmedialità del franchise, non ultime le decine e decine di romanzi a oggi pubblicati – il wargame che in quel momento stava scrivendo.

Eppure, grimdark e letteratura erano destinati a unirsi. Oggi, molti sottolineano come alcune opere fantasy contenessero aspetti grimdark ante litteram (cioè prima che al sottogenere fosse dato un nome): La Conquista dello Scettro (Lord Foul’s Bane, 1977) di Stephen Donaldson; La Compagnia Nera (The Black Company, 1984) di Glen Cook e, soprattutto, Un Gioco di Troni (A Game of Thrones, 1996) di George R.R. Martin. Curioso è il fatto che ognuno di questi tre romanzi viene di solito inserito in un sottogenere ben definito – rispettivamente nell’high fantasy, nel military fantasy e nell’epic fantasy – anche se è innegabile che tutti e tre contengono aspetti che li accomunano e che allo stesso tempo eludono determinati tòpoi di quei sottogeneri (principalmente il primo e il terzo). Gli aspetti in questione sono i personaggi moralmente ambigui e realistici (in termini di vicinanza alla concreta complessità della natura umana), la crudezza di alcune situazioni della trama, l’assenza di una nitida e invalicabile linea di demarcazione tra il bene e il male. È grazie a questi elementi che si comincia a parlare di “ribaltamento del canone”, quest’ultimo inteso come il fantasy idealistico, manicheo, di J.R.R. Tolkien e dei suoi successori ed epigoni.

Il successo riscontrato da Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin spinge alcuni autori emergenti, tra gli anni Novanta e il primo decennio del secolo attuale, a trattare il genere fantasy secondo quei princìpi appena riassunti.

Ciò non sta ovviamente a significare che certe tendenze rappresentavano una novità assoluta. Per dirlo con le parole di Paul Weimer, fondatore della fanzine Nerds of a Feather, nel fantasy «ci sono sempre state tematiche cupe, persino quando era dominato da quelle più ottimistiche.» Il “quando”, spiega Weimer, era un mondo – quello reale – più semplice da interpretare da un punto di vista politico e ideologico, sotto la costante minaccia di un’escalation della Guerra Fredda e pervaso dalla continua contrapposizione tra le due superpotenze, i loro rispettivi blocchi di alleati e le loro aree d’influenza culturale. Non è affatto un caso, a suo avviso, che il grimdark è invece esploso dopo che il processo storico innescato dalla dissoluzione dell’URSS ha trasformato quella netta contrapposizione, durata più di quarant’anni, in un quadro geopolitico assai più complesso e incerto. [Fonte]

 Per consenso di critica e pubblico, tra quegli scrittori fantasy emersi nel ventennio successivo alla dissoluzione dell’URSS spicca Joe Abercrombie, forse il primo ad aver cercato di definire in modo sistematico gli intenti e le modalità di quel “nuovo” approccio. In un lungo post pubblicato sul suo blog nel 2013 e dal titolo The Value of Grit (traducibile come “Il Valore della Crudezza”), lo scrittore inglese rivendica a sè e ai suoi colleghi la necessità di essere onesti con i propri lettori, caratterizzando cioè i personaggi (sui quali, sottolinea Abercrombie, deve concentrarsi l’attenzione dell’autore) e le situazioni da loro vissute in senso realistico, credibile, anche mostrando i lati più abietti della loro umanità. Il tutto con un linguaggio moderno, evitando arcaismi e aulicismi, e in mondi secondari che non siano modellati su una visione nostalgica e idealizzante di determinati periodi storici. [Fonte ]